Vogliamo sfatare il mito del pellet di faggio, una leggenda metropolitana che condiziona ancora, almeno in parte, il mercato italiano. I rivenditori di pellet ben sanno che una delle richieste più frequenti dei consumatori è quella di chiedere pellet prodotto con segatura derivante da scarti e tagli di legname di faggio. E’ in pratica il riflesso attuale della vecchia tradizione degli utenti della legna da ardere che, ovviamente, hanno sempre preferito, a ragione, legname definito “forte” ovvero con un maggiore potere calorifico. Nel caso del pellet il discorso è in gran parte diverso. La segatura viene fortemente compressa ed essiccata nel diventare pellet e le differenze tra pellet prodotti con diversi tipi di legname diventano minime. Quello di cui si dovrebbe preoccupare il consumatore è la percentuale di umidità. Quella si che influisce sulla capacità calorifica del combustibile e quindi sulla sua resa. Ricordiamo che più acqua contiene il pellet e meno contiene legno, non solo, ma una parte non indifferente dell’energia liberata nella combustione, dovrà essere utilizzata per far evaporare l’acqua con conseguente riduzione della resa nel riscaldamento.
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